Antropocine, lo schermo verde

Il mezzo cinematografico è uno strumento efficace per raccontare la crisi ambientale e sociale che stiamo vivendo, ma può anche avere un ruolo importante nella difesa stessa del pianeta grazie alla sua capacità di “parlare in profondità” alle persone. Con “Antropocine, Lo schermo verde”, pubblicato da Altreconomia, l’autore Marino Midena vuole, infatti, offrire un contributo al dibattito sulle tematiche ambientali attraverso il cinema, avviare lo studio di opere, autrici e autori “green” ma anche affermare il ruolo dell’ecologia per la comprensione della realtà. L’opera è tra le prime pubblicazioni, in italiano, del filone critico dell’Ecocinema: centinaia di film considerati con l’approccio dell’Ecocritica, per individuare le tendenze, i linguaggi e questioni aperte.
Il libro prende le mosse dalla considerazione di come, principalmente a partire dagli anni ’90, si assista ad un’imponente crescita di attenzione per un cinema che tratti di tematiche legate all’ecologia. Interesse che viene manifestato da autori, produzioni e spettatori e che trova rispondenza in un rilevante aumento di manifestazioni. In questi anni nascono i primi festival cinematografici tematici, come il Cinemambiente di Torino, che si affiancano ad un eco-filone di produzione cinematografica sempre più ricco e, in alcuni casi, attento anche sotto il profilo della filiera industriale alle istanze della sostenibilità (Green Set). Con il disastro di Chernobyl cambia il rapporto del cinema con il tema ecologico nel senso di una più chiara consapevolezza.
Il volume propone una rilettura in chiave “eco” di centoventi anni di cinema italiano, dalle origini sino al 2023, per scoprire il pensiero ecologico dei padri dell’Italian cinema, fino all’invenzione di un neologismo innovativo: AntropoCine. È, infatti, l’Antropocene il racconto che vogliono fare i registi e le registe “post Chernobyl” di casa nostra, tanto che l’autore parla di una New Italian Green Generation di autori, autrici e opere sensibili a questi temi e alla giustizia climatica.
Rivedere opere come “Il dramma della gelosia” di Ettore Scola, “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, “In nome del popolo italiano” di Dino Risi, “Uccellacci e uccellini” di Pierpaolo Pasolini e “Deserto Rosso” di Michelangelo Antonioni è un viaggio fantastico che ci lascia il dubbio se questi registi siano stati dei proto-ambientalisti o più semplicemente artisti anticipatori dei tempi con una profonda sensibilità ecologica.
